Eccoci nuovamente a presentare due nostri atleti, anche i due personaggi in questione possiamo dire sono fan convinti degli Ultra Trail: per cavalleria iniziamo a presentare la mitica Paola (Marciandi), che ha iniziato, come anche Alberto nel 2007.
Paola nel suo CV gare può vantare concluso il trittico francese del circuito UTMB, con una CCC, TDS e UTMB. A queste si aggiungono 3 GTC 100km e l’Ultratrail Monte Rosa da 116 km, ideato dalla number one Lizzy Hawker, la quale ha tra l’altro detto di questa gara ” Questo percorso lo ho utilizzato per fare i miei allenamenti ed è la gara che mi sarebbe piaciuto correre”.
Paola è stata sicuramente tra le prime donne della Valdigne a dedicarsi agli Ultratrail, tanto da chiudere anche un Tor de Geants! Non dimentichiamoci anche che ha onorato negli anni l’Arrancabirra mantenendo il primato di senatrice affezionata alla manifestazione goliardica. Si è poi dedicata anche ai Vertical …d’altronde Paola ha dedicato la vita allo sport anche professionalmente…forse un pò stringata nel raccontarsi, ma possiamo leggere tra le righe la sua passione e leggerezza nel porsi in questo mondo..
E veniamo ad Alberto Gallo, personaggio eclettico nelle attività , come lui stesso si è raccontato, in modo chiaro e generoso. Anche Alberto vanta un CV di tutto rispetto, con 4 GTV lunghi, 2 Cro-Magnon, 2 CCC, 2 UTMB, 1 TDS e anche 1 Morenic…questi ve lo dico sono super numeri di gare effettuate, Alberto viaggia nelle gare come anche nei suoi allenamenti di corpo e di testa, come lui stesso ci fa intuire dai suoi racconti e proprio questa estate ho avuto il piacere di incontrarlo mentre si faceva un allenamento “easy”….da non so dove fino al Col d’Ameran, così tanto per fare due passi…
A questo punto non vi rimane che leggere cosa ci dicono i nostri due temerari…
Cosa ti ha spinto verso le corse in montagna e da quanto tempo corri?
Alberto: I grandi spazi sono l’elemento che caratterizza le mie passioni: il mare, la barca, le regate hanno lasciato il posto all’alta montagna. Ho scalato oltre 48 “quattromila”, mai dalla via normale, cerco se posso la mia via; la disciplina nel governare le emozioni e il metodo nel pianificare ogni ascensione sono le mie regole di vita. Cosimo Zappelli è stato il mio primo maestro e poi con André Grivel e Mario Mochet ho proseguito l’attività di alpinista finché la responsabilità di papà mi ha portato a smettere, almeno le ascensioni più difficili. A quel punto non potevo però rinunciare alla montagna ed ho cominciato a correre.
Come per l’alpinismo, la sfida è prima con noi stessi e poi con l’ambiente in cui abbiamo scelto di svolgere la nostra attività.
E sia per il mare che la montagna, la conseguenza è il diverso punto di vista: ciò che dal porto o da valle sembra immenso, impossibile, dalla cima o dal mare aperto diviene più piccolo, meno difficile, più a portata di mano. Un caro amico mi ha detto: il Trail è un viaggio, prima nella mente e poi nello spazio fisico. Quello che sembra impossibile, ti accorgi di averlo appena compiuto senza neanche quasi rendertene conto.
Come nella vita: cambiare prospettiva rende tutto possibile. E il cambiamento l’abbiamo permesso e determinato noi.
Paola: Mi ha spinto verso le corse in montagna la 1^ edizione dell’Arrancabirra 2006
Come hai conosciuto i Courmayeur Trailers?
Alberto: Ho cominciato a correre nel 2006 con la prima Arrancabirra quindi, Courmayeur trailer, voi siete divenuti da subito la mia casa e il mio gruppo, ho ancora la tessera, tenute insieme dallo scotch, numero 56 e da allora, sia come atleta che come volontario, ho sempre partecipato all’allestimento delle gare dei percorsi ma soprattutto condiviso lo spirito sportivo di squadra e la gioia di condividere momenti unici.
Paola: Ho conosciuto i Courmayeur Trailers l’anno successivo, in occasione del 1^ Gran Trail Valdigne
Come concili lavoro/allenamenti?
Alberto: Nell’unico modo possibile, volendo, rubando un pò di tempo al lavoro, un pò di tempo al sonno ma regalandomi allo stesso tempo il piacere, il sopportare grandi sforzi senza soffrire troppo: questo mi permette di godere appieno dell’ambiente e dell’emozione che si sta vivendo.
Paola: Non mi sono mai allenata troppo. E comunque non faccio un lavoro sedentario, quello fa la sua parte..
Hai una gara preferita?
Alberto: Non ho una gara preferita, ne ho fatte tante, tutte quelle dell’UTMB, esclusa la PTL, tutti i gran Trail della Valdigne, la Cromagnon, la 101km della Eiger, ognuna mi ha regalato qualcosa, ma soprattutto mi ha fatto conoscere le persone con cui ho condiviso per un lungo o breve tratto un bellissimo momento.
Paola: Le mie gare preferite sono la Tds e il Tor.
Quale consideri la gara più dura?
Alberto: La gara più dura, non tanto per la durata ma quanto per i ritmi è stata sicuramente l’ultra Trail du Mont Blanc, ma è anche quella che mi ha regalato più soddisfazione. D’altra parte la Cromagnon con la sua natura selvaggia e la sua scarsa assistenza sul percorso è quella che mi ha fatto più crescere mentalmente.
Paola: Penso di poter dire che la gara che ho trovato più dura è stata la TDS…
Un ricordo bello e uno brutto?
Alberto: Il ricordo più bello è anche quello più brutto, nel Gran Trail Valdigne del 2012 un mio amico e trailer è stato male, non riusciva a respirare, e arrivare dal lago Liconi alle baite Liconi ha richiesto più di un’ora con lui che passava dal bianco pallido al blu cianotico perché non ossigenava. Ma restare insieme, aiutarci, fino ad affidarlo alle mani dei dottori mi ha fatto veramente spaventare. La parte bella è che lui si è ripreso presto e io nonostante non avessi più energie mentali sono riuscito a finire la gara lo stesso.
Paola: Il mio ricordo più bello è la prima edizione della Tds 2009. L’ultima notte verso Courmayeur, (allora si faceva il giro al contrario).. profumi, odori, non troppa stanchezza e ancora voglia di camminare
Il ricordo più brutto è l’arrivo a Cogne nella prima edizione del Tor 2010
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Alberto: Nel 2020 ho dovuto togliere il rene destro insieme ad una brutta ciste e tutto sommato ne sono molto contento perché poteva andare molto peggio. Per me le gare sono sempre state lunghe: dai 70 km in su, su percorsi più brevi mi diverto meno. L’operazione mi impedisce di proseguire oltre i 50 km e mi ha portato a vivere il Trail soltanto come una passione non più agonistica.
Ma va bene così, in fondo il viaggio, come dice Alberto Motta, è dentro di noi! Uno dei cambiamenti più grandi che ho notato negli ultimi anni è la prevalenza dell’agonismo sull’esperienza umana. Molta attenzione ai tempi, al gesto atletico, ma molto meno alle persone che si hanno intorno e che per me sono state, in tanti anni di gare, l’elemento più affascinante.
Paola: Da tre anni circa non faccio più programmi e non faccio quasi più gare
Hai dei consigli da dare a chi si avvicina a questo sport? (allenamenti, nutrizione in gara, diete)
Alberto: L’unico consiglio che voglio dare a chi si avvicina a questo sport è la passione per la montagna, le sue regole immutabili, e la sua forza.
Paola: Non ho particolari consigli da dare.. cercare di ascoltare il proprio corpo e allenarsi il giusto, per non perdere la voglia di camminare..
E dei consigli per gli organizzatori?
Alberto: Non ho molti consigli da dare agli organizzatori e credo che il loro lavoro sia sempre più difficile vista la platea sempre più ampia di grandi atleti ma molto poco montanari; un mix molto complesso da gestire e quindi li ringrazio per la passione e l’impegno che continuano a profondere in ogni nuova iniziativa.
Paola: Il mio consiglio è di mettersi d’accordo per non fare gare in concomitanza. Ma anche ridurre le gare in calendario.
È cambiato il tuo approccio alle gare dopo la pandemia?
Alberto: Come sopradetto prima della pandemia, sono cambiate le mie condizioni per cui non posso più accedere alle competizioni che tanto ho amato.
Paola: Come accennavo prima, non ho praticamente più fatto gare e quindi il problema non si è posto.
Grazie Alberto e Paola per esservi raccontati, siamo di fronte a due trailers che hanno visto nascere, crescere ed evolvere questo mondo, passandoci attraverso, e vivendolo senza far rumore, portandosi a casa, io credo, talmente tanto da non poterlo neanche facilmente raccontare, ma immagino che l’eco delle loro esperienze rimanga sempre presente nel loro mondo interiore.